giovedì 5 aprile 2012

La proprietà transitiva dell'amicizia*

 Se due uomini sono d'accordo su tutto, 
puoi star sicuro che solo uno dei due sta pensando.
-- Arthur Bloch

La proprietà transitiva dell'amicizia dice che ''Se A è amico di B e B è amico di C, allora A e C sono amici'' ma se ''A non è più amico di B e B e C sono amici, allora A non è più amico né di B né di C''.
In psicodinamica questo genere di dinamica è definita nel detto ''o con me, o contro di me''.

Questo genere di meccanismo è piuttosto arcaico, non tiene conto della Volontà di un altra persona, non tiene conto dell'intelligenza dell'altro, non tiene conto del pensiero che, probabilmente, C è una persona diversa da A e da B.

Ribadisco: ''se a = b e b = c, allora a = c.''

Succede spesso che gli individui ragionino per insiemi inscindibili, come se uno fosse uguale all'altro e, di conseguenza, il terzo o è uguale all'uno, o è uguale all'altro che, traslato alla proprietà transitiva dell'amicizia, rappresenta il modo più sbrigativo per ''far fuori'' gli amici.
E' ovvio: se tu vuoi allontanarti da me (?), è altrettanto chiaro che l'amico deve allontanarsi da uno dei due, altrimenti che cos'è? Un insieme pensante diverso da A e da B?  ''O con me, o contro di me''.
Normalmente questa dinamica è accompagnata da un'altra dinamica, sempre piuttosto primitiva, piuttosto semplice, sintetizzata nella frase ''Sento male, faccio male'', il modo meno sano di trasformare il proprio sentimento 'frustrato' d'amore in qualcosa di altrettanto frustrato ma più 'congeniale' alla situazione (patologica già in partenza).

Mi rendo perfettamente conto che non prendere posizione in faccende amicali sia considerato 'da vigliacchi', a volte, è pur vero che è sicuramente più sano.

Tranquillizzatevi: non vi sto dando adesso dei malati mentali, per me lo siete pressoché tutti, in quanto umani, fallimentari, rovinosi se non del tutto deliranti, quindi, lo eravate già prima, lo siete adesso.
La verità è che molti individui si sentono inadeguati e piccoli, abbandonati nella maggior parte dei casi, feriti, addolorati e si difendono (con grande pena) da ulteriori separazioni agendo da canne al vento, aggregandosi alla buona e sbrigativa maniera, cioè incrociando parti psicotiche del proprio Sè, con quelle psicotiche del Sé altrui, facendo gruppetto, ma almeno non ci si sente soli.
Non importa se il terzo escluso soffre già per la perdita di un amico: avrà modo di soffrire il doppio, magari il triplo se il lavoretto dietro la sua testa è pulito, tra scoppi di risa e pettegolezzi (spesso costruiti sulla base di una fantasia alimentata da poca realtà), così, se ci si potesse passare sopra con uno schiacciasassi o una ruspa lo si farebbe volentieri, più e più volte.

Del resto, 'mors tua vita mea', mi pare che non faccia una piega.

Certo, a me è successo e s a t t a m e n t e questo ma non ci si è fermati qui, si è andati oltre. Oltre.
Dal canto mio posso dire che, alle lunghe, si possa parlare tranquillamente di perversione, laddove il continuare a ravanare una situazione apparentemente 'tagliata', eliminata chirurgicamente già con una violenza inaudita, sfocia nel continuare ad alimentare quelle fantasie che non hanno più contatto con una realtà tangibile ma solo con una serie di fantasie costruite sulla base di una realtà labile -solitamente il triste facebook o il web- o voci di corridoio che vogliono che il terzo escluso sia un tale criminale da meritare l'odio profondo di certi animi primitivi.
L'alimentare questo genere di fantasie è attribuibile al 'feticcio' che costituisce la pars caratterizzante della perversione.

Repetita iuvant: non è bastato fornire un primo trauma all'amica da cui si è 'fuggiti', ce ne vuole un secondo, poi un terzo e così via per via dell'eccitazione che fornisce l'ebbrezza feticista.
Qualcuno potrebbe obiettare secondo la famosa freddura che se in psiconalisi si mettono insieme un sadico e un masochista, si è creata una coppia perfetta in cui l'uno dirà ''Aaaaaah!'' e l'altro dirà ''Aaaaah!''. 
Ah sì, vi potete tranquillizzare di nuovo: non siete semplici malati di mente, avete sfociato il vostro essere nella perversione e questo ve lo sto dicendo adesso. 

Quando dovesse capitare (forse per via del tempo o forse per via di un'eccitazione maggiore che fornisce un altro feticcio più investito di significato personale) che le perversioni devino dal target iniziale finendo di torturarlo (anche perché solitamente ormai sepellito), normalmente queste persone si ammalano. La malattia a seguire dipende dall'investimento personale e il modo in cui si 'forclude'** l'affetto.

Ci sono delle attenuanti, come i traumi infantili, ad esempio, o l'età. 
E' chiaro che un ragazzo acerbo ha tutto il tempo possibile per metabolizzare eventuali atti violenti o perversi e, se tutto va bene, un domani riesce a prenderne atto, cosa che non può dirsi altrettanto di persone di una certa età che prendono posizione a favore di un ragazzo che ha manifestato atteggiamenti violenti (e perversi). 
Io penso questo: il ragazzo giovane si può sovente trovare di fronte ad atti di ribellione che in qualche momento della propria vita gli servono per dire al mondo ''IO ESISTO, GUARDA!'' (il termine 'guarda' non è inserito casualmente e introduce la perversione, in quest'ottica), per le persone di più o meno quarant'anni il discorso è radicalmente diverso e di certo con poche speranze di 'riuscita'. 
Auguro ai pochi che possono intendere il mio forbito linguaggio tecnico di riuscire nei loro intenti e avverto ai molti che ci hanno visto quello che vogliono vederci che il masochista individua pochi 'sadici' a cui sottoporsi, per il resto è meglio evitarlo ma soprattutto, è preferibile smettere di provocarlo. 


* Si ringraziano gli amici per le perle di saggezza che hanno ispirato questo post.

**La forclusione è un termine che indica un modo pressoché esclusivo e definitivo di 'polverizzare' un affetto e renderlo introvabile per sempre nelle profondità della propria struttura psichica.
 

2 commenti:

Glòsòli ha detto...

Il prendere una posizione (in particolare una posizione netta, robusta, cattiva, selettiva, sia negli affetti che nelle strutture più razionali) è l'atto di un Ego che urla di voler esistere - l'esistenzialista direbbe che percepisce il suo non-esser-niente, il suo perenne-sfuggirsi, e successivamente che cerca di aggirarlo.
Se solo ci fosse coscienza dell'imponenza dell'Ego nelle proprie vite (presenza non da condannare, ma di cui esserne quantomeno consapevoli) allora qualcosa cambierebbe. Ma non so dire se riguardi la giovinezza o una scelta di vita. Un adulto può così cambiare? Può rinunciare un adulto, nonostante l'abitudine al proprio Ego, a quell'impulso di esistere? Può un adulto decidere di abbandonarsi alla consapevolezza di sé, e infine di ridere di sé e delle proprie stupide, crudeli, piccole posizioni?
Sele, sorridi, perché anche la più grande posizione non è robusta, ma è solo paura e autoinganno.
Ma che te lo dico a fare? Di sicuro hai più sale nella zucca di me :P

Unknown ha detto...

Amico tu lo sai, non dico mai nulla se non l'ho ben metabolizzata. E questa è entrata a fare parte delle mie cellule.
Autoinganno, sì, tanto autoinganno. E come può una persona che si definisce adulta 'raggirare' la sua richiesta d'Essere? Ahimè, temo che ad una certa il fondo del Pozzo della propria 'piccolezza', resti invisibile nonostante gli sforzi di autoconferma dei propri...inganni, appunto.
Sorrido oggi, sì.
Grazie :*