sabato 26 febbraio 2011

Confini e definizioni






Le pareti del crvello non hanno più finestre.

F. Battiato

E' tempo di migrazioni: lo sapevamo da tanto e succede da tanto, i telegiornali ci bombardano con le condizioni di Stato dei Paesi come la Libia, l'Egitto, la Turchia, la Tunisia.
A volte neanche ci si pensa più ma è una realtà tangibile, inequivocabile, palpabile: la gente soffre. Questa gente soffre.
Si chiede aiuto, si cerca di dare 'aiuto'. Si sbaglia.
Non c'è un modo corretto di agire, ci possiamo muovere solo in funzione di alcuni principi, giusti o sbagliati che siano ma meglio fare poco che non fare nulla perché non si può fare tutto.
Perché non ci si attiva immediatamente a volte?
Perché si ha paura di queste persone che sono solo dei disperati?
La risposta è davanti agli occhi: sono 'diversi da noi'.
E noi siamo pieni di pregiudizi.
Pre-giudizi.
Il pregiudizio è per definizione un sistema cognitivo prestabilito e non è vero che si scardina così facilmente. Anche la persona più 'aperta' fa i conti con il proprio razzismo.
Non ci credete? Male.

La risposta sta nel senso di appartenenza che un individuo sente di avere nei confronti del proprio essere come essere-di-un-gruppo, essere-di-comunità.
Vi è sempre una comunità nella propria anima, nella propria psyché e non può essere diversamente, nemmeno se parliamo del criminale o di chi non crede più all'amministrazione del proprio Governo, non vota più o non crede nella Legge del proprio gruppo, del proprio Paese.


"Anche la scelta di essere a-politici, è una presa di posizione politica, un atto consapevole politico."

Esseri di una Polis, esseri politici, appartenenti ad una comunità.

Dal latino cum-moenia o cum-munia vuol dire rispettivamente doveri comuni e mura comuni.
Che cosa è una comunità se non un qualcosa con un recinto?
Dove sta il recinto? Sta nelle mura delle città o nei doveri che l'individuo sente nei confronti del gruppo a cui si sente legato?
E da qui la risposta è semplice: non c'è nulla nella mente di un uomo che non sia legato in qualche modo al 'fare' nei confronti del proprio sentire di gruppo. Ruoli.
Se non sono nessuno, non farò nulla. Se farò qualcosa, lo farò per ottenere inevitabilmente un riconoscimento all'interno del gruppo di cui mi sento parte integrante.

Ed ecco, in maniera molto sintetica, come si fonda la xenofobia, la paura dell'estraneo, che è diverso-da-me e pertanto non avrò modo di pre-vedere, a monte del mio pre-giudizio, le sue aspettative e i suoi pensieri, le sue usanze, i suoi costumi.
La diversità che non sempre arricchisce ma che spaventa per 'partito preso'.

'L'uomo è un animale sociale e come tale, nel momento stesso in cui interagisce con l'Altro, fonderà un gruppo politico chiamato Comunità. Qualunque essa sia.'
      F. Di Maria, lezioni di psicologia dei gruppi.

1 commenti:

Cassandra ha detto...

regula, rex, religio, derivano dalla stessa radice indoeuropea ri, che ha la funzione di raggruppare, ma anche di delimitare.

regula era la squadra con cui si tracciava il solco sul terreno per delimitare la proprietà, e la stessa funzione hanno le regole che delimitano i comportamenti umani.

E' molto strano vedere nel confine l'inizio della civiltà, nella separazione del "mio" dal "tuo".
Magari ci scrivo un post ;)